Una sentenza del tribunale di Bari autorizza con un unico provvedimento sia l’intervento chirurgico per la rettifica del sesso sia la modifica degli atti anagrafici.
Andrea si sente Andrea da sempre. Da 27 anni. Solo che per l’anagrafe ha un nome femminile. Da donna diventerà uomo. Una sentenza del tribunale di Bari autorizza con un unico provvedimento sia l’intervento chirurgico per la rettifica del sesso sia la modifica degli atti anagrafici. Contestualmente, senza che l’uno segua l’altro. “Sono il primo in Italia - dice lui - mi sento vittorioso, soddisfatto”. È una decisione che gli permetterà di accorciare molto i tempi: “Posso già mettermi in lista d’attesa per le operazioni e nel frattempo avviare i cambi anagrafici”. Sembra un discorso tecnico, ma è decisamente pratico.
A spiegarlo è Pasqua Manfredi, avvocato della rete Lenford che ha seguito Andrea: “La legge 164 del 1982, molto evoluta per l’Italia, prevede due richieste da fare al tribunale: la prima per autorizzare gli interventi e la seconda per il cambio anagrafico, che si ha soltanto dopo aver dimostrato di non avere più la capacità di procreare”. Per le persone transessuali una reiterazione di sofferenza, con il replicarsi di udienze e visite mediche. Spesso con consulenti esterni e giudici diversi. Un limbo lungo anni, in cui, come dice Andrea, “devi stare a spiegare ogni volta, anche a un posto di blocco o quando ritiri una raccomandata alle poste, perché la tua faccia non corrisponde a quella dei tuoi documenti”.
Un limbo in cui devi fare terapia ormonale e psicologica e imparare a presentarti con l’identità che hai deciso di avere - il percorso dura due anni e si chiama real life, puntualizza Manfredi. Ad aprire la strada per la sua sentenza, in realtà, ci hanno pensato prima un decreto legislativo del 2011 che snelliva le procedure della 164, poi durante l’estate la Corte di cassazione e quella Costituzionale: “Due decisioni importanti, che hanno sancito che non c’è bisogno di un intervento chirurgico per ottenere il cambio anagrafico - continua l’avvocato - si tende così a tutelare l’identità di genere”.
A maggior ragione nel caso di Andrea. Che l’intervento lo chiede, eccome, e che ora può affrontarlo con maggiore serenità. “Sono in terapia ormonale da due anni - racconta - e da un anno e mezzo vivo così: uno dei disagi più pesanti è proprio nella vita quotidiana, devo raccontare ogni volta chi sono”. Succederà per qualche mese ancora, fino a quando l’anagrafe - Andrea provvederà al cambio non appena la sentenza passerà in giudicato - riconoscerà il suo vero nome.